sabato 5 luglio 2025

C’è una differenza enorme tra l’essere asociali e il non riuscire ad adattarsi a certi modi superficiali di stare insieme. A volte, chi resta in disparte lo fa non per mancanza di voglia, ma per un eccesso di autenticità. Perché non tutti riescono a sorridere a comando, a fingere interesse, a partecipare a conversazioni vuote dove le parole si sprecano e la verità si nasconde dietro una maschera.

Ci sono persone che non si sentono a proprio agio nella teatralità sociale, nei giochi di facciata, nei gruppi che parlano tanto ma si ascoltano poco. Non è disprezzo, è un’esigenza più profonda: quella di sentire qualcosa di vero. Di condividere spazi dove il silenzio non mette a disagio, dove uno sguardo sincero vale più di cento battute. Dove non si è costretti a diventare personaggi per essere accettati.

Chi si tiene in disparte spesso osserva molto più di quanto parla. E dietro quella distanza apparente, c’è una sensibilità intensa, un bisogno di autenticità che il chiasso della superficialità non riesce a soddisfare. Non si tratta di essere chiusi, ma selettivi. Non per sentirsi superiori, ma per proteggersi. Perché chi sente tanto, vive le relazioni con il cuore. E il cuore, quando si accorge che manca verità, si ritrae.

Essere autentici in un mondo che premia le apparenze è un atto di coraggio silenzioso. Non partecipare al rumore non significa non voler appartenere, ma volerlo fare a modo proprio: con rispetto, con sincerità, con profondità. Chi non socializza con tutti, spesso desidera solo trovare qualcuno con cui potersi sentire davvero se stesso. E finché non lo trova, preferisce restare in silenzio, piuttosto che fingere. E in quel silenzio, c’è una dignità che urla più forte di mille parole.

Curiosamente